sabato 4 agosto 2012

Stalingrado


Stavolta è stata dura. Ammettiamolo. Sveglia alle 6 a Mariupol per cercare di arrivare alla frontiera con la Russia il prima possibile. Poi le pratiche di frontiera. Moduli da riempire, code da rispettare, controlli a non finire. Il mio passaporto in particolare, che ha l'aspetto piuttosto vissuto considerato che le pagine bianche oramai non sono più di un paio, ha richiesto da solo una mezz'ora buona di verifiche. Me lo hanno addirittura messo sotto un microscopio per assicurarsi che non fosse falso! E poi le sorprese che non mancano mai. Per la Russia, ci hanno spiegato, ci vuole una speciale assicurazione automobilistica dal costo di cento euro. Trattabili. Alla fine abbiamo patteggiato 60 dollari. Ne usciamo sfatti alle 11,15 (teniamo presente però che in Russia il fuso è avanti di un'ora). A Rostov sul Don facciamo una pausa per mangiare l'anguria che ieri ci era stata regalata. Angurie e cocomeri sono pressoché la sola frutta che si trova nei banchi. Poi la strada per Volgograd, che un tempo era chiamata Stalingrado. Chilometri e chilometri di rettilineo a una sola carreggiata. Se un camion rallenta, da queste parti, lo superano a destra sullo sterrato. L'asfalto sembra migliore rispetto all'Ucraina. Perlomeno non ci tocca fare le gimcana tra le buche. Ma è una illusione pericolosa. A tratti il manto cede in pericolosi avvallamenti. In alcuni punti addirittura le ruote dei veicoli hanno scavato un solco come nelle stradine di campagna. Le ruote anteriori che abbiamo cambiato ieri, come se non bastasse, sono di pessima qualità e presentano una aderenza diversa una dall'altra. Nelle accelerazioni e nelle frenate, la nostra Gengis tende a sbilanciarsi.

Viaggiamo in queste condizioni tra campi di mais e di girasoli talmente grandi che ci si potrebbe appoggiare dentro tutta Venezia, E ci starebbe pure comoda. Man mano che saliamo a nord, le coltivazioni cedono terreno alla steppa selvatica. Non incontriamo villaggi né città per ore. Raggiungiamo Volgograd che è buio. La città ci appare come una lunga fila di luci basse in fondo all'orizzonte sempre più scuro. La sua presenza è annunciata da statue in cemento raffiguranti cannoni, carri armati e soldati dell'armata rossa. Proprio su queste strade, l'esercito nazista dovette battere in ritirata di fronte all'eroica resistenza dei sovietici. Fu una sanguinosa battaglia tanto inutile strategicamente quanto decisiva per le sorti della guerra. Da questo momento in poi, per la croce uncinata, ogni città sarebbe diventata una Stalingrado.
Arriviamo in centro non prima delle 10,30 di sera. Trovare un albergo, in una città che di turisti ne vede assai pochi, non si rivela una impresa facile. Le strade urbane poi, non appena ci si allontana anche di un solo isolato dall'arteria principali, paiono ancora quelle bombardate dai tedeschi. Non c'è neppure illuminazione. Troviamo una mezza topaia e andiamo a dormire che è mezzanotte passata da un pezzo. Ora chiudo il post e, finalmente, vado sotto le coperte anche io. Davvero, è stata una giornata massacrante.

2 commenti:

  1. Siete arrivati a Volgograd sabato sera e siete andati a dormire??!?!? Non si vedono molti turisti europei a volgograd, e al Velvet club non aspettavano altri che voi per festeggiare a colpi di vodka e... Ah no, ok siete andati a dormire...

    Grapho
    --- SSR 2011 ---

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  2. poverini avete ragione ad essere stanchi ma potrebbe essere l eta............... p.s. vale solo x riccardo e riccardo bis gli altri li vedo giovaniiiiiiiiiiiidaltro canto mi stanco io da casa a seguirvi. ma quanti km fate al giorno mandate qualche foto di un paesaggio prato campi di girasoli in pratica che nn si veda voi nn dite paroledisgustose avanti sorprendeteciiiiiiiiiiiibesos x 5vi penso ecc. ecc.

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