C'era una volta una bella auto di nome Gengis Khan che sognava di raggiungere il reame di Dushanbe. Ma la strada era lunga ed irta di difficoltà. Prima si ruppero le due ruote anteriori, poi la marmitta. Infine anche lo sterzo se ne andò per i fattacci suoi. Per la povera Gengis sembrava la fine della pista, quand'ecco che un cavaliere incontrato per la via accompagnò la bella Gengis in un maniero dove un mago della meccanica la rimise a nuovo, con un incantesimo e qualche colpo di martello magico. Così la bella Gengis poté riprendere il suo cammino più pimpante che mai.
Una favola a lieto fine insomma. Anche se, ve lo confesso, per un attimo abbiamo temuto di dover chiudere a Atyrau il nostro rally. Stamattina, appena messa in moto, ci siamo accorti che lo sterzo era partito del tutto. Praticamente la macchina se ne andava dove voleva ad ogni accelerazione, ad ogni frenata o ad ogni buca (che qui non mancano mai). Per fortuna, siamo stati subito circondati dalla solidarietà della gente kazaka. E' bastato chiedere in perfetto dialetto romagnolo (se non conosci la lingua del luogo tanto vale che parli la tua) dove potevamo trovare un meccanico, che un signore è salito sulla sua auto e ci ha accompagnato di persona. Nell'officina, tutti i meccanici si sono subito messi a nostra disposizione informandosi anche di chi eravamo e di dove volevamo andare. Per l'auto c'era poco da fare. "Un problema gravissimo e tre problemi molto molto gravissimi". Le probabilità di raggiungere Dushanbe, in queste condizioni, ci ha detto, non erano più del 20%. Per comunicare con noi, il capo officina ha telefonato ad un amico che masticava un po' di inglese e passandoci il telefono a tre, ci ha spiegato la situazione. Servivano 4 pezzi di ricambio più o meno originali. (Più meno che più...) Qui è intervenuto un cliente venuto a cambiare una ruota che ci ha fatto capire che conosceva un riparatore che poteva procurarci i pezzi. Quindi ha chiamato per telefono un ragazzino che è arrivato di corsa venti minuti dopo, solo per accompagnarci in questo negozio e spiegare al padrone cosa ci serviva. Con i pezzi in mano, siamo ritornati nell'officina e, batti batti, lima lima, la Gengis si è rimessa in moto. Lo sterzo adesso funziona egregiamente. Giri a destra e la macchina va a destra, giri a sinistra e la macchina va a sinistra. Che volevamo di più dalla vita?
Oramai si erano fatte le 13,30. Fermarci ancora ad Atyrau o partire immediatamente correndo il rischio di doverci accampare nella steppa? Ovviamente partiamo. Ma non verso est. Su consiglio dei meccanici prendiamo la strada per Oral, a nord del Paese. La carreggiata è migliore ma dovremmo riuscire a fare i 500 chilometri di deserto che ci separano dalla città prima di sera. Da là, domani mattina, cominceremo a scendere verso i confini con l'Uzbekistan. Una lunga deviazione ma che alla fine dei conti dovrebbe farci guadagnare tempo e darci la possibilità di testare le condizioni della nostra Gengis Khar.
Arriviamo ad Oral che è sera. L'auto ha tenuto più che bene e abbiamo potuto tenere una media tra i 90 e i 100 all'ora, attraversamenti di capre e di cammelli permettendo. Una sola pausa per fare amicizia con una venditrice di meloni che ci ha voluto regalare una anguria. E' la seconda volta che ci capita. Ci viene da pensare che qui i cocomeri li regalino sempre. Ma no, non è vero. A quei camionisti, la signora li ha fatti pagare. E' proprio un regalo per noi, stranieri in terra straniera. Per ricambiare, doniamo a lei e a suo figlio una delle nostre magliette. Un regalo che apprezzano moltissimo. Riprendiamo il cammino per Oral sulla spinta dei loro auguri di buon viaggio.
L'entusiasmo che traspare dai vostri racconti è coinvolgente e bellissimo. Speriamo che la fortuna vi accompagni ma attraversare 500 KM di deserto in quelle condizioni non è un po' come sfidare la sorte?
RispondiEliminaCiao Sandro