lunedì 30 luglio 2012

Di campi minati e di strade perdute


Va bene. Siamo viaggiatori che non amano le superstrade. Lo sapete bene. Al cemento preferiamo il prato. All'asfalto lo sterrato. Detto questo, i campi minati reduci dell'assedio del '95, sarebbe meglio evitarli, giusto? Ed invece ci siam finiti dritti dentro. Non che lo abbiamo fatto apposta, eh? Saremo anche matti ma non aspiranti suicidi. Fatto sta che quella strada che usciva da Sarajevo ci pareva proprio quella giusta per portarci al confine con la Serbia (casomai ve lo state chiedendo, noi della Gengis il Tom Tom non ce lo abbiamo perché sappiamo perderci anche da soli). Quando la strada è diventata una stradina, ci pareva ancora quella giusta. Quando la stradina è diventato uno sterrato ci pareva che forse - forse? - non era quella giusta ma sicuramente da qualche parte ci avrebbe portato. Quando lo sterrato è diventato un sentiero da partigiani, infilandosi in gallerie larghe tre metri che stavano in piedi per grazia ricevuta, abbiamo pensato che probabilmente avevamo proprio sbagliato strada ma eravamo curiosi di vedere dove si andava a parare. Dove abbiamo visto il cartello col teschio rosso e su scritto "Mine" ci siamo detti: "Mah? Che ne direste di tornare indietro?... tanto per non far tardi...".

Quando, provando a girare la Gengis in due metri di strada, abbiamo trovato un altro cartello che diceva la stessa cosa anche per l'altra direzione, abbiamo tirato una serie di considerazioni: 1) gli avvisi di pericolo dovrebbero piazzarli ai bordi e non in mezzo ai campi minati, razza di deficienti!; 2) forse avere un Tom Tom in auto non è proprio una cosa così disprezzabile; 3) quel contadino - unica anima viva incrociata da due ore a questa parte - che si sbracciava come un pazzo nella nostra direzione non voleva solo salutarci; 4) chi è stato di noi che, quando ha visto lo sterrato, ha esclamato: “va di là che andiamo bene! Queste son strade che gli altri team non faranno mai”?
La prima proposta è stata quella di mandare questo tipo in avanscoperta a tastare il terreno. Ma noi della Gengis ci vogliamo bene come fratelli! Niente agnelli sacrificali. O si arriva tutti o non arriva nessuno. Così ci siamo fatti tutto il percorso in retro, cercando di mettere gli pneumatici sul solco già percorso. Beh... pare che sia andato tutto bene, giacché son qui che scrivo.
Per il resto della giornata, ci siam persi, ritrovati e ancora persi almeno altre tre volte. Camionisti e altri viaggiatori gentili ci han sempre aiutato a ritrovare la via. E questo, vale certo più di un Tom Tom, giusto? Adesso scrivo da... come cavolo si scrive... Pojate. Dov'è Pojate? A sud di Belgrado. (Credo). Alle Porte di Ferro ci arriveremo domani. Oppure un altro giorno. Qua, nessuno ha fretta. Come team sportivo, lo ammetto, siamo molto molto poco competitivi.

7 commenti:

  1. ... ciao ragazzi! campo minato?? siete folli!
    Saludos y un beso a la Estrella

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  2. Ciao ragazzi
    cercate di non fare altre imprudenze!!!! un abbraccio
    Marta

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  3. se siete riusciti a uscire dai campi minati la strada per POJATE e' buona 165 km. da Belgrado e 70 da Nis Vi aspetto li'
    BESO

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  4. hei, ragazzi...guardate che ci siamo affezionati per davvero dunque state attenti!!

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  5. complimenti!!!!!!!!!!!
    io nella periferia di Sarajevo giocavo a palla nel parchetto oltre la cui staccionata c'era lo stesso cartello..... e un sacco di palloni abbandonati lì!!!! tutto contribuisce alla "magia" del luogo!

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  6. apperò!!! bello fare le zingarate... certo che se si riescono a raccontare "dal vivo" hanno tutt'altro impatto confronto al freddo e sintetico comunicato stampa della farnesina...
    comunque siamo con voi!!!

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  7. io chiamerei il custode del cimitero e gli direi di lasciarvi li x un po a meditare su quello che state facendo questo vale solo x riccardo e riccardo bis x quanto riguarda le porte di ferro e una bella gola besos x 5 grazia cuci

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